Stemma del Vescovo Alessandro Tommasini
Maestranze calabresi, 1792-1818
Marmo scolpito
Questo stemma vescovile, interamente marmoreo, si presenta particolarmente interessante nella composizione e nella cura del dettaglio scultoreo.
Lo scudo è decorato lungo i bordi con motivi fogliacei ed è suddiviso in quattro parti. All’interno di ogni parte sono visibili le pezze realizzate in bassorilievo e rappresentanti, dall’alto verso il basso, una clessidra e una stella, un pavone, una torre con un sole e un uccello, tre gigli posti su una fascia diagonalmente.
L’ornamento esteriore allo scudo è rappresentato da un’aquila a due teste incoronate che regge con le zampe rispettivamente un ramo e un pastorale.
L’immagine di questo volatile è molto curata, soprattutto nella definizione del piumaggio della coda e delle ali, differenti rispetto a quello della testa e del collo.
Sopra le teste dell’aquila è posto il cappello prelatizio con cordoni e dodici nappe, sei per parte, disposte a cono su tre file, scendenti ai lati dello scudo identificando il grado di dignità vescovile.
Mons. Alessandro Tommasini (1791-1818), di origini reggine, è il primo Vescovo della nuova Oppido. Nato il 9 febbraio 1756, all’epoca della nomina a Vescovo era Segretario dell’Arcivescovo di Reggio Calabria Alberto Maria Capobianco.
Fece il suo ingresso nella nuova Oppido il 18 maggio 1791, dopo nove anni dalla distruzione del paese e in seguito al rifiuto di alcuni ecclesiastici precedentemente designati all’incarico.
La città, a quei tempi era un agglomerato di baracche, con strade fangose e piene di erbe, e il neo Vescovo si diede molto da fare per rimettere in sesto l’abitato e per edificare i luoghi di culto ove svolgere le funzioni religiose.
Il nuovo centro urbano ricevette un grande impulso, e, tra i primi interventi, sono da ricordare la riapertura del Seminario, un baraccone aggiustato per accogliere i giovani convittori, e la Cattedrale, anch’essa opera provvisoria.
Lo stesso Vescovo, nel 1795, risiedeva ancora in una capanna precaria ed era inabilitato ad esercitare le principali funzioni del suo ministero.
Il 1799 rappresentò per il Tommasini il periodo più intenso per la sua fervorosa attività.
Accolse favorevolmente le nuove idee rivoluzionarie provenienti dalla Francia e ciò provocò disappunto alla Corte dei Borboni che lo fece sequestrare il 28 settembre 1806. Condotto a Messina, il Vescovo fu costretto a risiedervi fino al 1815; intanto la Diocesi fu governata dal Vicario Tommaso Pistoni e dal Vescovo di Nicotera, Giuseppe Marra. Dopo circa un anno e mezzo dal suo ritorno a guidare la Diocesi oppidese, il Vescovo si vide proporre dal re Ferdinando l’Arcivescovado di Reggio. Il trasferimento alla nuova sede avvenne il 17 luglio 1817.
L’Arcivescovo si spense a Reggio il 26 settembre 1826.