Lapide Documentaria del Vescovo Alessandro Tommasini
Bottega locale, 1797
Marmo
Questa lapide, imponente nelle dimensioni, resta a testimonianza dell’operato di Mons. Alessandro Tommasini per la ricostruzione dei centri della Diocesi in seguito al terremoto del 1783.
Di forma rettangolare con estremità curvilinee, è costituita da due elementi lapidei accostati che presentano un semplice decoro fogliaceo e scanalature che riprendono la forma della lapide e inquadrano il testo commemorativo.
La scritta, in latino, cita “QUESTO TEMPIO/ RASO AL SUOLO DAL TERREMOTO/ DEL 3 FEBBRAIO 1783/ ILLUSTRISSIMO E REVENDERISSIMO SIGNORE/ D. ALESSANDRO TOMMASINI/ ILLUSTRISSIMO VESCOVO DI OPPIDO/ COMANDO’ DI RIEDIFICARE NEL 1797/ SOTTO LA DIREZIONE DELL’ARCIPRETE DOMENICO SCHIAVA”.
Si celebra dunque la ricostruzione di una chiesa a Tresilico nel 1797 ad opera del Vescovo, quando era Parroco l’Arciprete don Domenico Schiava.
Mons. Alessandro Tommasini (1791-1818), di origini reggine, è il primo Vescovo della nuova Oppido. Nato il 9 febbraio 1756, all’epoca della nomina a Vescovo era Segretario dell’Arcivescovo di Reggio Calabria Alberto Maria Capobianco.
Fece il suo ingresso nella nuova Oppido il 18 maggio 1791, dopo nove anni dalla distruzione del paese e in seguito al rifiuto di alcuni ecclesiastici precedentemente designati all’incarico.
La città, a quei tempi era un agglomerato di baracche, con strade fangose e piene di erbe, e il neo Vescovo si diede molto da fare per rimettere in sesto l’abitato e per edificare i luoghi di culto ove svolgere le funzioni religiose.
Il nuovo centro urbano ricevette un grande impulso, e, tra i primi interventi, sono da ricordare la riapertura del Seminario, un baraccone aggiustato per accogliere i giovani convittori, e la Cattedrale, anch’essa opera provvisoria.
Lo stesso Vescovo, nel 1795, risiedeva ancora in una capanna precaria ed era inabilitato ad esercitare le principali funzioni del suo ministero.
Il 1799 rappresentò per il Tommasini il periodo più intenso per la sua fervorosa attività.
Accolse favorevolmente le nuove idee rivoluzionarie provenienti dalla Francia e ciò provocò disappunto alla Corte dei Borboni che lo fece sequestrare il 28 settembre 1806. Condotto a Messina, il Vescovo fu costretto a risiedervi fino al 1815; intanto la Diocesi fu governata dal Vicario Tommaso Pistoni e dal Vescovo di Nicotera, Giuseppe Marra. Dopo circa un anno e mezzo dal suo ritorno a guidare la Diocesi oppidese, il Vescovo si vide proporre dal re Ferdinando l’Arcivescovado di Reggio. Il trasferimento alla nuova sede avvenne il 17 luglio 1817.
L’Arcivescovo si spense a Reggio il 26 settembre 1826.